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Rassegna stampa
Il Giornale di Reggio.
La poesia e lo spirito.
Via delle belle donne.
Nei Canti emiliani dei morti, Giuseppe Caliceti elabora un lutto. Per la morte dei suoi ricordi di infanzia, colmi dell’amore di suo padre Gisberto, idealista maestro di orfanotrofio. Per la morte dell’ispirazione,impersonificata dal poeta Corrado Costa e dai poeti visionari della neoavanguardia emiliana. Per una Reggio Emilia che oggi non esiste più e delle cui contraddizioni si avverte la nostalgia.
La somma di tante malinconiche assenze ci viene restituita in versi, in un poema in quattro atti, per certi versi epico-bucolico, per altri moderno e sperimentale. Musicale anche se pieno di interferenze sonore (frammenti di canzoni, di spot televisivi, di versi altrui), rassicurante perché rievocativo ma anche provocatorio ed ambizioso con i suoi giochi di interpunzione. Caliceti ascolta e trascrive il dettato della memoria senza sconti, seguendo fedelmente il suo percorso tortuoso, incoerente, libero da calcoli editoriali. Con spiazzante crudezza, Caliceti ripercorre la propria formazione letteraria e sentimentale.
Privi di ogni tentazione retorica o melodrammatica, i canti arrivano dritti allo stomaco. La morte del padre – terribile e cruenta – apre una stagione dell’abbandono che segna la fine di un’epoca, privata e non, che sarà raccontata nel secondo libro, ancora inedito, Le voci della poesia. Come in una successione di sinfonie. [Federico Miozzi]
Letturalenta, 17 dicembre 2007.
S’accostino fiduciosi i lettori
di Luca Tassinari
Questa di Caliceti è la storia vera, personalissima, intima perfino, ma è anche una storia ricca di relazioni e interazioni con le migliaia di eventi e persone che la linea della vita calicetica ha intersecato svolgendosi. Storia privata, ma non priva di osservazioni e giudizi sul variegato e complesso ente pubblico definibile come non-Giuseppe Caliceti.
Sarà che sono emiliano, pur se non reggiano come l’autore; sarà che sono nato solo due anni prima di lui; sarà questo o sarà quello, non importa, ma nei Canti emiliani dei morti qualche frammento di un me stesso antico l’ho recuperato. Un’immagine sintetica e precisa della mia generazione, per esempio: La Grande Famiglia dei Bambini Adultizzati. E poi suoni, frasi, slogan, atmosfere, oggetti, personaggi, situazioni e musiche dei tempi belli.
Ma non si sgomenti il lettor giovine: i Canti sono anche per lui, mica solo per ultraquarantenni nostalgici. Se non proprio il suo immaginario e la sua memoria, vi troverà precisi riferimenti a processi di formazione culturale, politica, etica e sessuale che dovrebbero suonargli familiari, nonché fitti rimandi alla storia della letteratura italiana degli ultimi trent’anni vista e raccontata dall’interno, utilissimo complemento a manuali e antologie scolastiche.
E tutti, dico tutti i miei connazionali troveranno nei Canti la cara Patria, fotografata nel suo glorioso cammino dal paradigma della fabbrica a quello dell’ipermercato, e vedranno con i loro occhi la curiosa metamorfosi della Sinistra Italiana da farfalla a bozzolo, da genitrice di Gramsci a figlioccia di Veltroni. Scrittura privata e pubblica, quasi un marchio di fabbrica di Giuseppe Caliceti, che già nel 2000 teneva un Diario in rete, ben prima dell’avvento dei blog.
S’accostino fiduciosi i lettori, certi che non da ombelicali strazi saranno sopraffatti, ma piuttosto accompagnati per mano dal poeta a visitare luoghi e storie che in qualche misura li riguardano. Il libro a cui si allude in queste righe ovviamente non esiste o, per meglio dire, esiste soltanto la sua immagine elettronica, liberamente trasferibile dalla dimensione pubblica della Grande Rete a quella privata del disco fisso o della stampante di casa. Scaricarlo non costa nulla, leggerlo qualcosa rende.
Giuseppe Caliceti, nato a Modena nel 1964, vive a Reggio Emilia, dove lavora come insegnante elementare e organizzatore culturale. Poeta, scrittore, organizzatore culturale, è responsabile di Baobab / Servizio Giovani Scritture, il servizio del comune di Reggio Emilia dedicato a docenti e studenti interessati alla lettura e alla scrittura contemporanee. Ha pubblicato diversi libri di poesia, tra cui La ragazza ladra (TamTam, 1983), Inserzioni a pagamento e Opa pro nobis. Litania dei titoli azionari (Elytra, 1992 e 2000 ) e Rimozione forzata (Mazzoli, finalista premio letterario Antonio Delfini 2002), Ad alta voce. Poesie interattive (Addictions 2002). In prosa ha pubblicato Marocchino! Storie italiane di bambini stranieri (EL Edizioni 1994), Rachid, un bambino arabo in Italia (Einaudi Ragazzi 1995), i romanzi Fonderia Italghisa e Battito animale, e il libro di racconti Suini (Marsilio, 1996, 2001, 2003), Pubblico/Privato 0.1. Diario on line dello scrittore inattivo (Sironi 2002) tratto dal suo diario in rete sul portale www.emilianet.it, il romanzo Il busto di Lenin (Sironi 2004) e Cosa c’è che non va? e Ippolita la bambina perfetta (Arka Edizioni, 2004 e 2005). Con Nanni Balestrini e Renato Barilli ha curato l’antologia Narrative Invaders. Narratori di Ricercare 1993-1999 (Testo&Immagine, 2000). Con Giulio Mozzi ha curato i libri d’inchiesta Quello che ho da dirvi. Autoritratto delle ragazze e dei ragazzi italiani (Einaudi 1998) e E’ da tanto che volevo dirti. I genitori italiani scrivono ai loro figli (Einaudi 2002). Il suo libro più recente è Italiani per esempio, Feltrinelli 2010.
Collabora, come opinionista e vignettista, con quotidiani e riviste locali e nazionali.